Penso sempre che siamo al mondo per ascoltare e raccontare storie.
Ogni cosa che capita nella nostra vita, quasi ogni cosa, la racconteremo a qualcuno, o anche solo a noi stessi ricordandola nella nostra mente, o, perchè no, scrivendola in un diario.
Polster in “Ogni vita merita un romanzo” sottolinea il paradosso di questo esser portati alla narrazione dei fatti della vita: alcune cose si fissano come esperienze importanti solo dopo averle raccontate, ma quando ci fermiamo a raccontare di fatto smettiamo di vivere esperienze nuove.
Una considerazione filosofica che mi ha colpito e fatto riflettere.
Non mi trovo del tutto d’accordo con questo senso del paradosso. Credo che narrare, in forma orale o scritta, sia essa stessa esperienza, anzi più che semplice esperienza è META-esperienza per l’elevato valore psicologico che ha narrare una storia.
Raccontare ci da il tempo e lo spazio di elaborare, metabolizzare, vedere sotto una nuova prospettiva e imparare da esperienze fatte.
Le favole danno qualcosa di più: distaccando dal mondo reale permettono di dire anche ciò che ci turba e che non potremmo raccontare senza la protezione di una metafora.
Grazie alla favolazione di un evento, esso può diventare qualcosa di più di un ricordo, anche magari molto brutto e doloroso. Diventa la sua elaborazione, la possiblità di uscire dalla nostra anima ed essere accolto da chi ascolta, liberandoci dal suo peso almeno in piccola parte, significa ancora la possibilità di trovare una strada nuova, una possibilità diversa che la realtà non ci aveva messo a disposizione, che non avevamo ancora visto senza l’aiuto della fiaba.
Approfondendo lo studio della psicologia, ho potuto apprendere quanta difficoltà esista nel mettere in parole un evento traumatico, soprattutto per i bambini ma non solo. Accadrebbe perché emozioni troppo forti, legate a fatti anche “devastanti” rimarrebbero a un livello di “immagini” che non riescono a tradursi in parole, ma che può essere in qualche modo comunicato ad es. attraverso disegni, realizzazioni legate all’arte-terapia, attraverso il gioco, mettendo in atto e rapprensentando con dei personaggi e anche attraverso le fiabe. La favola traduce un evento in un’immagine fatta di parole, la metafora che si slega dalla realtà e ci pone emotivamente al sicuro.
Le fiabe restano un valido compagno di viaggio non solo per elaborare una situazione di disagio, ma anche per supportare il benessere.
Aprono la nostra mente alla “possibilità” e alla speranza. Ci pongono in un atteggiamento mentale rinnovato e positivo.
Per cui non aver paura di raccontare. E’ una meta-esperienza che ti permette di evolvere e comprendere un po’ meglio qualcosa, magari anche di avere una nuova idea.
Hai appena letto il post sulla creatività del secondo martedì del mese.